mercoledì 29 aprile 2020

STORIA DI UNA BANDIERA



Di Capasa Francesca


LA NASCITA DEL TRICOLORE

Il tricolore è la bandiera  ufficiale dello Stato italiano. L'origine della bandiera italiana risale al 27 Dicembre 1796, quando venne decretata la Costituzione della Repubblica Cispadana che comprendeva alcuni territori dell'Emilia Romagna. Il 7 gennaio del 1797 il Congresso del nuovo stato italiano adottò il Tricolore, verde bianco e rosso come sua  bandiera ufficiale, secondo il modello della bandiera francese, accogliendo la proposta del deputato Giuseppe Compagnoni che, da allora, è considerato il "Padre del Tricolore". La storia ci racconta che il blu della bandiera francese venne sostituito dal colore verde delle uniformi dei soldati della guardia civica milanese in ricordo perpetuo dei volontari che combatterono per l'Italia. Nel 1848 venne adottato dai Savoia che vollero inserirvi lo scudo sabaudo (una croce bianca in campo rosso). Con l'unità d'Italia, nel 1861, diventò la bandiera ufficiale del nuovo Regno. In seguito alla proclamazione della Repubblica Italiana, il 06 Giugno del 1946, lo scudo fu eliminato.  Il tricolore viene considerato un simbolo di libertà, di democrazia e di identità nazionale, rappresentandone anche l'unità territoriale. I colori scelti sono stati spesso criticati da scrittori e poeti, i quali hanno espresso ciascuno la propria opinione a riguardo. Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli scrissero  che il colore verde ricordava i prati, il bianco le nevi, il rosso il sangue versato dai soldati italiani durante le guerre di indipendenza. Ai colori della nostra bandiera è stata data anche un'interpretazione religiosa secondo la quale il verde rispecchia la speranza, il bianco rappresenta la fede (quella cattolica che è prevalente nel nostro paese) mentre il rosso simboleggia la carità. Il numero dei colori in cui è divisa la bandiera ricorda i principi della Rivoluzione Francese, giustizia, uguaglianza e fratellanza.
La Costituzione Italiana entrata in vigore il 01 Gennaio del 1948 all'articolo 12  ne sancisce l'ufficialità quale bandiera del nuovo Stato Italiano con le seguenti parole: La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”. 
In questo triste periodo della nostra vita, segnato dalle vicende del Corona Virus,  è molto importante che la nostra bandiera tricolore, sia esposta dagli italiani sui balconi, sulle finestre e sui terrazzi delle  case in segno di cordoglio per le vittime del contagio ed espressione di unione e fratellanza.

sabato 25 aprile 2020

STORIA DI UNA CANZONE "BELLA CIAO"


Di Nicola Strumenti


La vulgata principale è che la canzone Bella Ciao venga da un canto tradizionale delle mondine novaresi ma non è proprio così; lo si credeva, in origine, grazie ad una versione della ballata cantata da una grande interprete di canto popolare Giovanna Daffini. Successivamente si è scoperto che la Bella Ciao delle mondine era nata durante un concorso indetto da un Festival dell’Unità romagnolo negli anni ’50. Si invertivano quindi i termini della questione. 

Questo equivoco iniziale ha dato lo spunto agli studiosi di musica e agli  storici delle tradizioni popolari, tra i quali Cesare Bernani, di indagare a fondo sulle origini di Bella Ciao senza però giungere ad una conclusione certa. 

L’origine del canto è ancora misteriosa,  in realtà in Bella Ciao confluiscono come del resto  in molti canti popolari un’infinità di rivoli:  c’è dentro una filastrocca di bambini che si chiama “La Bevanda Sonnifera” e probabilmente da lì proviene il battito delle mani, c’è dentro una ballata diffusa in gran parte d’Italia che sia chiama Fior di Tomba in cui una tragica storia di amore finisce con l’invocazione di una donna, una certa “Rosina o Cecilia”,  ad  essere seppellita “sotto l’ombra di un bel fiore” in modo che tutti la ricordino. Ed ancora, c’è dentro una melodia Yiddisc registrata a New York intorno agli anni ’20 che le assomiglia tantissimo. 

Ma c’è anche il canto dei tanti partigiani che venivano dall’Est Europa, quello dei prigionieri russi, eppure dei gitani che ricorda questa melodia. E’ probabile che “questo mettere insieme” il canto d’amore disperato di una donna innamorata, il battito delle mani di una filastrocca per bambini, il canto russo o forse gitano sia invece  da attribuire ai canti intonati dai soldati durante la Grande Guerra del 1915/18. 

Di certo è che Bella Ciao è un canto frutto di una sorta di “Melting Pot” musicale che non ha un’identità storica precisa, che non è quindi riconducibile ad un particolare momento storico, ma che si è invece formato nel tempo e in momenti successivi grazie all’incontro/scontro di rivoltosi, rivoluzionari, soldati che hanno combattuto su tutti i fronti e che sono appartenuti a nazionalità diverse.  

Il canto si farà sentire soltanto negli ultimi mesi della Resistenza, una delle prime testimonianze della sua conoscenza è a Montefiorino nell’Appenino Emiliano, nel marzo del ’45.  Giorgio Bocca, famoso giornalista italiano che aveva fatto la resistenza, diceva che, da partigiano, non l’aveva mai sentita intonare.  
I partigiani italiani cantavano inizialmente altre canzoni tra cui, la canzone “Fischia il vento infuria la bufera” che una recente interpretazione dei Modena City Ramblers ha reso memorabile, che si caratterizza per una forte connotazione socialista e comunista, altri cantavano ancora  l’inno di Garibaldi “Si scoprono le tombe si levano i morti”, e poi si intonava naturalmente l’Inno d’Italia, così come “Leggenda del Piave”, un altro inno alla libertà  a alla sacralità dei valori italiani. 

Qual è il segreto del successo potente e travolgente di Bella Ciao?
Intanto il canto è di facile ascolto, ha infatti una melodia estremamente semplice, accattivante, immediata e poi c’è dentro una grande storia d’amore, la nostalgia, l’eroismo, la pietas che si riconosce a chi muore per un ideale, insomma il canto coglie degli aspetti dell’animo umano, del nostro sentire, che sono più profondi ed importanti degli aspetti politici. In essa, infatti, non sono presenti elementi che caratterizzano il sentimento di appartenenza politica, la parola “invasor” è un termine neutro che può andar bene a tutti. Al tempo stesso c’è anche l’immagine romantica del combattente “morto per la libertà”.  E’ così dunque spiegato il successo di questa ballata tanto da diventare, seppur venti anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, un simbolo della Resistenza.

Il successo italiano si deve infatti alla grande ed intesa interpretazione che ne fece il cantante francese di origine italiana, Yves Montand, durante una trasmissione televisiva sulla resistenza agli inizi degli anni ’60.
La consacrazione ad inno della Resistenza avvenne durante lo spettacolo teatrale che ne porta appunto il nome “Bella Ciao” che venne presentato al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1964. Si trattava di uno spettacolo che prevedeva un programma tutto di canzoni popolari italiane. Lo spettacolo divenne un caso nazionale. Le violente discussioni sui media di allora ne decretarono la fortuna anche negli anni a venire con centinaia di repliche e migliaia di copie di dischi venduti. 

Da allora "Bella Ciao" non ha mai smesso di accompagnare cortei e manifestazioni. Oggi viene cantata da italiani, spagnoli, francesi, statunitensi, portoghesi, cubani, argentini e curdi. Canzone elevata a mito che, come tutti i miti, può contenere un universo più vasto di significati rispetto a quelli per cui è stato tramandato, non ultimo quello ecologista. E’ protagonista anche di una serie televisiva spagnola “La Casa di Carta”, sebbene, a mio parere, in modo improprio. 

Così scrive Cesare Bermani: "Ho sempre pensato che la capacità di un canto di suscitare adesione, emozione e coinvolgimento sia la prova provata dell’universalità della condizione umana al di là di confini, nazioni, sistemi di governo e persino delle differenze culturali e delle lingue che pure rappresentano l’espressione della bellezza e del genio molteplice di una comune appartenenza antropologica e di un solo destino: il destino condiviso per la passione della libertà. Per questo motivo ‘Bella Ciao’ è universale anche nel fastidio che provoca in quei sedicenti moderati che non vogliono essere messi di fronte a certe scelte fondamentali".





Link relativo all'Inno Nazionale Italiano FRATELLI D'ITALIA

https://www.youtube.com/watch?v=WBCEsNUYKjk

Link relativo alla canzone  BELLA CIAO interpretata da Giovanna D’Affini

Link relativo a BELLA CIAO versione interpretata da Yves Montand

Link relativo alla canzone SOFFIA IL VENTO INFURIA LA BUFERA dei Modena City Ramblers

Link relativo alla canzone LA LEGGENDA DEL PIAVE

Link relativo all’inno garibaldino SI SCOPRONO LE TOMBE SI LEVANO I MORTI







venerdì 17 aprile 2020

LE BUONE PRATICHE DELLA DIDATTICA A DISTANZA AL DE FRANCESCHI PACINOTTI




Fare scuola a distanza: le buone pratiche dell’Istituto Professionale De' Franceschi-Pacinotti



a voce del Professor Riccardo Fagioli e di due giovani studenti


PISTOIA - La chiusura prolungata delle scuole non ha fermato insegnanti e studenti di tutta Italia: sfruttando le tecnologie, sono state formate classi virtuali in cui portare avanti il piano di studi iniziato lo scorso settembre.
A Pistoia, la prima scuola superiore di secondo grado ad attivare la didattica online è stata l’Istituto Professionale De' Franceschi – Pacinotti.
Ne abbiamo parlato con il professor Riccardo Fagioli, docente di italiano e storia. Nella sua missione come insegnante c’è molta passione anche per la storia dell’arte e l’educazione civica, materie che dovrebbero essere insegnate nelle scuole di ogni ordine e grado e che dovrebbero essere ritenute fondamentali nella formazione di ogni giovane cittadino.

Professor Fagioli, come si è organizzato il De’ Francesci Pacinotti con la didattica online?
“Siamo partiti con le lezioni a distanza già dal 9 marzo, utilizzando piattaforme come Google Classroom, Google Meet e Google Calendar. Abbiamo subito notato che funzionano abbastanza bene, anche grazie al supporto di un ottimo animatore digitale come il professor Nicola Agostini, l’ingegnere elettronico che le ha attivate. I ragazzi hanno risposto con entusiamo: in 3 classi (la 2°, la 4° e la 5°) ho una presenza che sfiora il 100%, mentre per la prima siamo al 70%. Gli studenti mi scrivono ad ogni ora, per assicurarsi che mi sia arrivato il tema che ho assegnato. Attendono la valutazione e dimostrano di tenere alle lezioni e al rapporto con me. Anche le famiglie mi scrivono, chiedendomi di tenere i ragazzi impegnati anche il pomeriggio. C’è infatti un rischio molto alto tra gli adolescenti di cadere preda dello stress e della noia provocati dall’isolamento.
La normativa impone di raggiungere un orario pari al 30% dell'orario generale, ma noi siamo riusciti ad arrivare quasi al 40%. In particolare, io, laddove facevo cinque ore, riesco a farne due e mezzo.
Oltre alla lezione in diretta streaming è prevista la FAD (Formazione a distanza), ossia quell'attività che comprende il caricamento dei contenuti su cui articolare le lezioni e la correzione dei compiti.
Per le mie lezioni attingo da link disponibili su due siti: quello del Ministero dei Beni Culturali, che permette di accedere alla visione gratuita di fotografie e filmati dei Musei italiani e quello di RaiPlay. Li carico sulla piattaforma e li condivido sia con gli studenti che con gli altri docenti. Una delle prime ricerche che ho fatto fare ai miei studenti è una relazione su un documentario di Rai Storia con Antonio Paolucci che racconta il Museo del Bargello. Ho potuto individuare coloro che non avevano visto il documentario e gliel’ho rimandato indietro fino a che non lo hanno visto e commentato, pena un voto negativo.
Alla quarta ho assegnato una ricerca sulle invenzioni di fine ‘800 con allegato un documentario di RaiPlay e uno sceneggiato Rai su Don Giovanni Bosco, alla quinta ho indicato altri due sceneggiati, sulla figura del sindacalista pugliese Giuseppe Di Vittorio e sulla vita di Alcide De Gasperi, fondamentale per capire su quale basi è nata la Repubblica Italiana. A tre classi stavo facendo leggere in classe il libro d’inchiesta ‘Un morto ogni tanto’ del giornalista siciliano Paolo Borrometi, che avremmo dovuto incontrare a marzo qui a Pistoia. Restando in Sicilia, ho proposto alla classe il film tv su Felice e Peppino Impastato.
Sulla piattaforma è possibile mettere a confronto poesie, impartire quiz e soprattutto assegnare relazioni e ricerche, che io valuto tranquillamente (con una comunicazione orale), come se mi avessero portato una ricerca a scuola. Oltre a conoscere i miei studenti, mi rendo bene conto se possono aver copiato o se non hanno compreso interamente il contenuto che ho proposto.
La normativa non prevede il compito in presenza e l’interrogazione. Al limite si potrebbero coinvolgere due studenti come testimoni, ma il problema è la validità legale.

Secondo il Dl Scuola, firmato dal Ministro Azzolina tutti gli alunni saranno ammessi all'anno successivo, anche quelli con insufficienze registrate nel primo quadrimestre. Successivamente il Ministro ha chiarito che non ci sarà nessun ‘6 politico’ e che i ragazzi saranno valutati con voti finali corrispondenti all'impegno dimostrato durante l'anno e nella didattica a distanza. Cosa ne pensa di queste dichiarazioni?
Penso che il Ministro abbia voluto evitare eventuali ricorsi. In ogni caso avrebbe potuto aspettare fino ai primi di giugno oppure avrebbe potuto dare una disposizione di indirizzo, lasciando libertà ai consigli di classe.
Il Ministro è caduto in contraddizione: ha messo la didattica online obbligatoria da dopo Pasqua, (senza considerare le scuole come la nostra che l’hanno attivata da subito) e al contempo ha reso le lezioni velleitarie perché nessuno sarà giudicato sulla base di queste lezioni e neanche sul pregresso. In questo modo tutto è giustificato, potrebbero esserci ragazzi che cominciano a pensare che le lezioni a distanza non siano necessarie.

E cosa ne pensano i diretti interessati, gli studenti?
Angelica, studentessa di una seconda, dell’indirizzo benessere,  ha preso molto sul serio le lezioni a distanza. Non a caso utilizza due volte la parola ‘lavoro’: “Mi sta piacendo molto lavorare con questo metodo. Si tratta di un’esperienza innovativa, non solo perché non era mai successo di dover affrontare l’ambito scolastico in questa maniera, ma anche perché è un metodo di lavoro che si sta rivelando molto utile, sia a noi studenti che ai professori. Di fronte a una situazione eccezionale come questa, l’unico modo per rimanere connessi tra di noi è la tecnologia. A scuola sono andata sempre abbastanza bene, anzi posso dire che vado molto fiera del mio percorso. Anche se l’esame di Stato dovrò affrontarlo l’anno prossimo, la scelta del Ministro era l’unica da mettere in atto, data l’emergenza che stiamo affrontando”.

Thomas frequenta la classe quarta dell’indirizzo Meccanico Generico e anche lui dà un giudizio positivo alla didattica online: “E’ un’esperienza costruttiva, grazie alla quale stiamo imparando ad avere sempre più confidenza con i mezzi tecnologici. Inoltre, l’aspetto più importante è che manteniamo attivo il nostro percorso scolastico. Le uniche difficoltà si hanno quando si verificano problemi nella connessione dati, ma i professori si stanno davvero dando da fare per ovviare a queste difficoltà, impegnandosi a trasmetterci contenuti formativi e a valutare i nostri lavori”.