venerdì 1 maggio 2020

BREVE CRONISTORIA DEL CANTO DEGLI ITALIANI

Di Giulia La Morte



L’inno d'Italia
 durante questo periodo difficile…

Gli italiani bloccati nelle proprie abitazioni a causa delle disposizioni limitative delle libertà individuali, imposte dal governo per arginare  la diffusione del Corona Virus, il giorno 13 marzo alle ore 18.00 si sono simbolicamente uniti in un flash mob ed hanno cantato a squarcia gola, affacciati alle finestre, ai balconi delle loro case l'Inno Nazionale, come risposta all'isolamento, per darsi coraggio e per sentirsi di nuovo parte di una nazione nel momento peggiore della sua storia dal dopo guerra ad oggi. Il nostro inno è riuscito,  ancora una volta, a stringere gli italiani in un grande abbraccio come se fossero tutti quanti Fratelli d'Italia. 

Qui sotto il link del video trasmesso da tutti i media italiani che mostra gli italiani affacciati ai balconi delle loro case mentre intonano Fratelli d'Italia.

  https://www.youtube.com/watch?v=RFyVyV3_ZUc


Breve Storia dell’inno

Fu scritto nella città di Genova nell’autunno del 1847 da Goffredo Mameli, uno studente di 21 anni che si ispirò alla "Marsigliese", l'inno nazionale francese. Venne musicato successivamente a Torino da Michele Novaro. 
Esso è stato composto in un momento in cui l'Italia si preparava alla Prima guerra di indipendenza. L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell'Unità d'Italia. 
Nell'ottobre del 1946 venne dichiarato dall'Assamblea Costituente "Inno Ufficiale" della Repubblica Italiana ma soltanto in via provvisoria e tale è rimasto fino al 4 dicembre 2017 quando è stata promulgata dal Presidente della Repubblica Sergio  Mattarella la legge n. 181, con la quale si riconosce "Il Canto degli Italiani" quale inno nazionale della Repubblica; venendo finalmente meno alla regola non scritta che "in Italia, mai cosa è più definitiva di una provvisoria".

Chi fu Goffredo Mameli? 



Mameli fu un poeta e un giovane patriota che partecipò con entusiasmo, insieme a Giuseppe Mazzini e  a Giuseppe Garibaldi  alla  costituzione della Repubblica Romana nel 1849. In quei mesi furono messi in atto  i principi che un  secolo dopo costituiranno le fondamenta della Repubblica Italiana. 
Mameli morì poco dopo, all'età di soli 21 anni  a causa di una ferita infetta ad una gamba. Goffredo Mameli quando morì mai avrebbe potuto immaginare che le sue parole 170 anni dopo sarebbero diventate il Canto degli Italiani, riconosciute da un Parlamento Repubblicano, da lui vagheggiato fin da quel famoso telegramma con cui chiedeva a Mazzini di giungere a Roma e proclamare la Repubblica. L'inno fin da subito venne apprezzato perché scritto  quale gesto spontaneo ed appassionato di un giovane patriota combattente per la libertà della sua patria e quindi esso sembrò il più adatto a rappresentare e simboleggiare la giovane Italia rivoluzionaria

Analisi di alcuni versi 

"Fratelli d'Italia 
 L'Italia s'è desta,
 Dell'elmo di Scipio
 S'è cinta la testa" 

"Fratelli" è la prima parola del testo a far subito presente che è giunto il momento di essere uniti.
"Scipio" è Scipione l'Africano, il console  romano vincitore dei Cartaginesi in Africa durante la seconda guerra punica. Scipione rappresenta il senso di rivalsa contro il nemico invasore. In questo senso, gli italiani indossano metaforicamente il suo elmo, ribadendo così il proprio orgoglio. 

Nelle parole di Mameli è presente un forte richiamo alla storia dell'antica Roma poiché nelle scuole italiane dell'epoca, questo periodo storico era studiato con grande attenzione. Il testo mette in risalto la preparazione culturale del giovane autore. 

"Dov'è la Vittoria?
  Le porga la chioma,
  Ché schiava di Roma 
  Iddio la creò"

Questa strofa si riferisce all'antico uso di tagliare i capelli alle schiave romane per distinguerle dalle donne libere. 
La dea Vittoria è rappresentata come una donna dai lunghi capelli che dovrebbe porgere la chioma perché le venga tagliata quale segno di sottomissione alla potenza di Roma; il senso della quartina è la certezza di Mameli che, in caso di insurrezione contro gli austriaci, la Vittoria non potrà che arridere agli italiani perché questo è il volere del destino.

"Noi siamo da secoli   
Testo Originale del Canto degli Italiani

  Calpesti, derisi, 
  Perchè siam divisi
  Raccolgaci un'unica 
  Bandiera, una speme:
  Di Fonderci insieme
  Già l'ora suonò
  Stringiamoci a coorte
  Siam pronti alla morte
  L'Italia chiamò"

"L'Italia chiamò" è il richiamo al desiderio di raccogliersi sotto un'unica bandiera: speranza di unità e di ideali condivisi per un'Italia, quella del 1848 ancora divisa in sette stati (Regno delle due Sicilie, Stato Pontificio, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Regno Lombardo Veneto, Ducato di Parma e il Ducato di Modena).

"Son giunchi che piegano
  Le spade vendute:
  Già l'Aquila d'Austria
  Le penne ha perdute
  Il sangue d'Italia
  Il sangue Polacco
  Bevè, col cosacco, 
  Ma il cor le bruciò.
  Stringiamoci a coorte 
  Siam pronti alla morte
  L'Italia chiamò"

L'Aquila degli Asburgo, simbolo imperiale, della casata, era in declino (le spade vendute sono le truppe mercenarie di cui erano piene le file dell'esercito imperiale) e Mameli chiama un'ultima volta a raccolta le genti italiche per dare il colpo di grazia alla dominazione austriaca facendo così un parallelismo con il popolo Polacco che aveva sconfitto l'esercito cosacco dello Zar.  
















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