lunedì 7 maggio 2018

DIPENDENZA DA VIDEOGIOCHI, PER L'OMS UNA NUOVA MALATTIA



Parliamo di un fenomeno sempre più attuale e preoccupante. Negli ultimi anni, infatti, è cresciuto esponenzialmente  il numero dei videogiocatori e delle applicazioni relative alla sfera ludica.
Fino all’anno scorso tale fenomeno destava scalpore senza un riscontro scientifico, mentre, a partire da gennaio 2018, la dipendenza da videogiochi è ufficialmente entrata a far parte della lista internazionale delle patologie dell’Organizzazione mondiale della sanità. L’Oms parla infatti di “gaming disorder” cioè dell’uso compulsivo dei videogiochi fino ad arrivare ad una  vera dipendenza, come il gioco d’azzardo.
Per capire se una persona è affetta da questa malattia vi sono tre elementi fondamentali: il primo riguarda l’intensità e la durata di utilizzo del gioco, che è spesso fuori controllo; il secondo è la priorità che il videogioco acquisisce rispetto agli altri aspetti della vita, come la scuola, il lavoro o la famiglia; il terzo riguarda il continuare a giocare anche se si è consapevoli delle conseguenze negative.
In Italia questo fenomeno non è ancora ben controllato, mentre in altri paesi si sono già adottate diverse misure. Ad esempio, in Cina e in Corea sono state introdotte delle leggi per limitare o impedire l’uso dei videogiochi ai minori 24 ore su 24. In rete ci sono comunque molti video e approfondimenti al riguardo (qui, qui e qui).
I giochi più praticati sono “League of Legend”,  gioco di guerra con altri utenti online, e “Minecraft”, sia in modalità individuale che online tra diversi giocatori in lotta tra loro. Mentre “League of Legend” sfrutta la connessione a internet ed è gratuito, il secondo è a pagamento e anch’esso utilizza una connessione di rete.
Nonostante le loro differenze, un elemento in comune con i due giochi è l’essere basati sulla rivalità tra due giocatori opposti che mette le persone le une contro le altre. Inoltre entrambi si basano sulla violenza e la fanno quindi vedere come un elemento non pericoloso, come fosse per l’appunto un gioco.
Per contro, tuttavia, in vari casi è stato riscontrato che Minecraft, videogioco della casa produttrice Mojang, aiuta a trasporre l’interiorità di un bambino autistico su una piattaforma dove può liberare la sua creatività e grazie a tutto ciò riescono ad aprirsi meglio con il resto del mondo. Le cronache raccontano pure varie storie di bambini che hanno iniziato a parlare con i propri genitori solo dopo varie sessioni di Minecraft: ciò ci può far pensare che nonostante gli aspetti discutibili l’uso sistematico di videogiochi possa dare anche utilità a livello relazionale.
Si possono riassumere alcuni  aspetti che concorrono a sviluppare o che comunque caratterizzano la dipendenza da videogiochi. In primo luogo la scappatoia temporanea: nel mondo di oggi, la maggior parte degli adolescenti e dei ragazzi cerca delle vie di fuga usando i videogiochi, per allontanarsi dai problemi che si ritrovano davanti, impiegando la tecnologia come un’altra realtà.
 Esiste poi l’aspetto “social”: giocando e chattando insieme agli altri utenti online, i giocatori credono di socializzare, anche se in realtà comunicano davanti a uno schermo, cosa diversa da uno scambio reale.
 Non va dimenticato inoltre la competizione: tutti i videogiochi pongono una sfida al giocatore che tende a prevalere sull’avversario; sotto questo aspetto può emergere il rischio della banalizzazione della violenza. O del ritenerla normale, magari a discapito di altre maniere più sportive di rapportarsi con gli amici e di affrontare una competizione.
Infine, ma non per importanza, ogni videogioco offre la possibilità di un progresso costante e misurabile: all’inizio le difficoltà sono molto limitate e aumentano progressivamente; premi e ricompense invogliano a proseguire nella competizione.
Questi fattori presi singolarmente non riescono a creare il meccanismo di dipendenza, ma se considerati tutti insieme costituiscono un mix letale.
Nonostante il grave effetto sulla psicologia dei giocatori, la dipendenza da videogiochi influisce anche molto a livello fisico. I problemi che può causare in sé e per sé la dipendenza sono vari, cercando notizie e informazioni sul web si incontra: disturbi del sonno, isolamento, aggressività, obesità, ansia e depressione, variazione della frequenza cardiaca e infine l'alterazione dello zucchero nel sangue. Di conseguenza non è solo la mente a soffrire per causa di questa malattia ma anche il corpo.
Per citare qualche statistica: seconda un'indagine condotta da Peter Pan Onlus, un bambino italiano su tre tra gli 11 e 13 anni soffre di ansia e disturbi psicosomatici, e cioè che hanno origine da cause psicologiche e in seguito vengono fuori con sintomi esterni. Inoltre l'Istituto di Ortofonologia di Roma ha condotto nel 2014 una ricerca che ha evidenziato che l'85 % degli adolescenti predilige videogiochi aggressivi e non sopporta la sconfitta.
Negli ultimi anni lo scrittore Peter Gray ha pubblicato un libro intitolato “Lasciatemi giocare” dove sottolinea sempre l'aspetto della dipendenza. Inoltre afferma che il problema non è solo dei ragazzi/adolescenti ma anche dei genitori, che dovrebbero insegnare loro l'importanza della socialità, della compagnia, l'affetto e l'attaccamento.
Insomma, il confine tra uso prolungato e dipendenza con effetti devastanti sulla salute è molto labile, così come contrastanti  le opinioni in merito alla reale possibilità dei videogiochi di migliorare la qualità della vita.
R. Laamiri, L. Bedin

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