Parliamo di
un fenomeno sempre più attuale e preoccupante. Negli ultimi anni, infatti, è
cresciuto esponenzialmente il numero dei
videogiocatori e delle applicazioni relative alla sfera ludica.
Fino
all’anno scorso tale fenomeno destava scalpore senza un riscontro scientifico,
mentre, a partire da gennaio 2018, la dipendenza da
videogiochi è
ufficialmente entrata a far parte della lista internazionale delle patologie
dell’Organizzazione mondiale della sanità. L’Oms parla infatti di “gaming disorder”
cioè dell’uso compulsivo dei videogiochi fino ad arrivare ad una vera dipendenza, come il gioco d’azzardo.
Per capire
se una persona è affetta da questa malattia vi sono tre elementi fondamentali:
il primo riguarda l’intensità e la durata di utilizzo del gioco, che è spesso
fuori controllo; il secondo è la priorità che il videogioco acquisisce rispetto
agli altri aspetti della vita, come la scuola, il lavoro o la famiglia; il
terzo riguarda il continuare a giocare anche se si è consapevoli delle
conseguenze negative.
In Italia
questo fenomeno non è ancora ben controllato, mentre in altri paesi si sono già
adottate diverse misure. Ad esempio, in Cina e in Corea sono state introdotte
delle leggi per limitare o impedire l’uso dei videogiochi ai minori 24 ore su
24. In rete ci sono comunque molti video e approfondimenti al riguardo (qui, qui e qui).
I giochi
più praticati sono “League of Legend”, gioco di guerra con altri utenti online, e “Minecraft”, sia in modalità
individuale che online tra diversi giocatori in lotta tra loro. Mentre “League
of Legend” sfrutta la connessione a internet ed è gratuito, il secondo è a
pagamento e anch’esso utilizza una connessione di rete.
Nonostante
le loro differenze, un elemento in comune con i due giochi è l’essere basati
sulla rivalità tra due giocatori opposti che mette le persone le une contro le
altre. Inoltre entrambi si basano sulla violenza e la fanno quindi vedere come
un elemento non pericoloso, come fosse per l’appunto un gioco.
Per contro,
tuttavia, in vari casi è stato riscontrato che Minecraft, videogioco della casa
produttrice Mojang, aiuta a trasporre l’interiorità di un bambino autistico su
una piattaforma dove può liberare la sua creatività e grazie a tutto ciò
riescono ad aprirsi meglio con il resto del mondo. Le cronache raccontano pure
varie storie di bambini che hanno iniziato a parlare con i propri genitori solo
dopo varie sessioni di Minecraft: ciò ci può far pensare che nonostante gli
aspetti discutibili l’uso sistematico di videogiochi possa dare anche utilità a
livello relazionale.
Si possono
riassumere alcuni aspetti che concorrono
a sviluppare o che comunque caratterizzano la dipendenza da videogiochi. In primo
luogo la scappatoia temporanea: nel mondo di oggi, la maggior parte degli adolescenti
e dei ragazzi cerca delle vie di fuga usando i videogiochi, per allontanarsi
dai problemi che si ritrovano davanti, impiegando la tecnologia come un’altra
realtà.
Esiste poi l’aspetto “social”: giocando e
chattando insieme agli altri utenti online, i giocatori credono di socializzare,
anche se in realtà comunicano davanti a uno schermo, cosa diversa da uno
scambio reale.
Non va dimenticato inoltre la competizione: tutti
i videogiochi pongono una sfida al giocatore che tende a prevalere
sull’avversario; sotto questo aspetto può emergere il rischio della
banalizzazione della violenza. O del ritenerla normale, magari a discapito di
altre maniere più sportive di rapportarsi con gli amici e di affrontare una
competizione.
Infine, ma
non per importanza, ogni videogioco offre la possibilità di un progresso
costante e misurabile: all’inizio le difficoltà sono molto limitate e aumentano
progressivamente; premi e ricompense invogliano a proseguire nella competizione.
Questi
fattori presi singolarmente non riescono a creare il meccanismo di dipendenza,
ma se considerati tutti insieme costituiscono un mix letale.
Nonostante
il grave effetto sulla psicologia dei giocatori, la dipendenza da videogiochi
influisce anche molto a livello fisico. I problemi che può causare in sé e per
sé la dipendenza sono vari, cercando notizie e informazioni sul web si incontra:
disturbi del sonno, isolamento, aggressività, obesità, ansia e depressione, variazione
della frequenza cardiaca e infine l'alterazione dello zucchero nel sangue. Di
conseguenza non è solo la mente a soffrire per causa di questa malattia ma
anche il corpo.
Per citare
qualche statistica: seconda un'indagine condotta da Peter Pan Onlus, un bambino
italiano su tre tra gli 11 e 13 anni soffre di ansia e disturbi psicosomatici,
e cioè che hanno origine da cause psicologiche e in seguito vengono fuori con
sintomi esterni. Inoltre l'Istituto di Ortofonologia di Roma ha condotto nel 2014
una ricerca che ha evidenziato che l'85 % degli adolescenti predilige
videogiochi aggressivi e non sopporta la sconfitta.
Negli
ultimi anni lo scrittore Peter Gray ha pubblicato un libro intitolato “Lasciatemi
giocare” dove sottolinea sempre l'aspetto della dipendenza. Inoltre afferma che
il problema non è solo dei ragazzi/adolescenti ma anche dei genitori, che
dovrebbero insegnare loro l'importanza della socialità, della compagnia,
l'affetto e l'attaccamento.
Insomma, il
confine tra uso prolungato e dipendenza con effetti devastanti sulla salute è
molto labile, così come contrastanti le
opinioni in merito alla reale possibilità dei videogiochi di migliorare la
qualità della vita.
R. Laamiri,
L. Bedin
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